Roberto Pugina

Sono nato nel profondo sud-est del Veneto, in una città di provincia che, nel film di Francesco Sossai (Le città di pianura), viene menzionata ma, come afferma beffardamente Doriano, coprotagonista del film, in realtà “non esiste”.
Ora sono in pensione.
Roberto
Eracle, noto anche come Ercole nella versione romana, è una figura complessa della mitologia greca, tradizionalmente associata all’idea di forza e di eroismo
Tuttavia, la sua rappresentazione va ben oltre la semplice immagine dell’“eroe nazionale greco”. Egli è un personaggio poliedrico che incarna l’eccesso in molteplici aspetti della propria esistenza: dalla voracità al combattimento, dall’amore alle relazioni con il divino e con l’umano.
Nel contesto del pensiero di Marcel Mauss (1872–1950), il “donare” assume un’accezione complessa e multilivello. Nel Saggio sul dono, Mauss esplora le relazioni sociali che si articolano attorno all’atto del dono. Per Mauss, il “dono” non è un gesto disinteressato, ma un atto che genera vincoli, obbligazioni e circolazione di potere. In questo senso, Eracle può essere letto come il dono stesso: le sue imprese non sono soltanto eroiche, ma costituiscono un’offerta di sé al mondo, un sacrificio che rinnova il legame, nel mito romano più che in quello greco, tra l’individuo e la collettività.
Nella tradizione greca, Eracle resta una figura isolata e ambigua: un eroe che affronta il disordine ma ne è, al tempo stesso, parte. Il suo eccesso è solitario, la sua forza una forma di dispendio che consuma l’umanità stessa
Nell’elaborazione romana, invece, Ercole si trasforma in simbolo di virtus civica: il suo sacrificio diventa fondativo dell’ordine collettivo, e il dono si traduce in servizio, misura e potere regolato.
Sempre nell’ambito della sua analisi, Mauss introduce il concetto di potlatch: una pratica sociale tipica delle popolazioni indigene del Pacifico nord-occidentale, che implica una forma di distribuzione dei beni attraverso rituali di scambio. Il dono diventa così un mezzo per affermare la propria posizione sociale, ottenere prestigio e, al contempo, creare legami comunitari. Tuttavia, le dinamiche del potlatch non si riducono a un semplice scambio: esse comportano anche il peso del dispendio. Il potlatch rappresenta infatti non solo un dono, ma anche uno spreco, poiché una quantità eccessiva di beni viene distrutta per riaffermare lo status e il potere di chi dona.
La figura di Eracle incarna questo paradosso: le sue vittorie e il suo eroismo si misurano attraverso l’eccesso di sacrifici e perdite che infligge a sé stesso e agli altri
Egli non solo affronta battaglie titaniche, ma paga un prezzo altissimo: la sua umanità, che si consuma nell’ardore dell’eroismo. Nella sua continua ricerca di gloria e approvazione, Eracle rappresenta la tensione irrisolta tra individuo e collettività. Le sue avventure amorose, i suoi eccessi gastronomici, gli omicidi involontari di amici e familiari riflettono un ethos fatto di potere e fragilità. Egli eccede non solo per affermare il proprio valore, ma anche per cercare connessioni umane che, paradossalmente, si rivelano effimere. Questo invito al potlatch, oscurato dall’ombra dell’inevitabile dispendio di sé, dissolve la linea di confine tra eroismo e tragedia.
Ogni volta che sconfigge un mostro – come il Leone Nemeo o l’Idra di Lerna – Eracle non solo libera la società da una minaccia, ma compie anche un atto di dispendio. Non c’è soltanto la forza bruta in gioco, ma anche un sacrificio personale: ogni vittoria comporta la perdita di amici, di relazioni e di una parte della sua umanità. Nella sua epopea, l’eroe diventa il simbolo della tensione tra dono e debito: ogni impulso eroico che lo spinge verso l’eccellenza lo allontana dalle proprie radici umane, rendendolo una figura tragica. Così, l’eroismo si trasforma in un fardello; Eracle è costretto a restituire costantemente alla collettività in cambio del proprio status, generando un ciclo apparentemente senza fine.
Il sesso, il cibo e la violenza sono manifestazioni di questo dispendio. Le sue avventure amorose – con donne e uomini – rivelano un’ulteriore dimensione del suo carattere: la ricerca di connessioni autentiche che sfuggono alla misura. Gli incontri con figure come Deianira e Megara non sono mai privi di conseguenze. La sua voracità, tanto nel cibo quanto nel piacere, appare come una forma di ribellione all’ordine, un tentativo di consumare il presente nella sua totalità. In questo senso, il pensiero di Bataille sull’eccesso diventa cruciale.
Bataille descrive l’eccesso come un momento in cui l’individuo oltrepassa i confini imposti dalla società, riconoscendo in tale atto una forma di sacralità
Eracle, in questo senso, è l’eroe che vive ai limiti: la sua vita non è una semplice corsa verso la gloria, ma un’esplorazione di ciò che significa essere umano, con tutti i propri limiti e le proprie contraddizioni. Laddove Mauss evidenzia l’economia delle relazioni, Georges Bataille (1897–1962) esalta la dimensione dell’ineffabile e dell’illecito. Eracle, attraverso le sue scelte e i suoi eccessi, si muove in questo territorio liminale e inafferrabile.
Questa esistenza segnata dall’eccesso e dal dispendio si traduce in una modalità di vita che, pur essendo gloriosa, è profondamente tragica. La sua ricerca incessante di nuove imprese lo rende vulnerabile, e il suo destino è segnato dal conflitto tra l’eroe e l’uomo. La sua forza, invece di garantirgli l’immortalità, lo condanna spesso a una serie di sofferenze e di colpe, fino a spingerlo a compiere atti di violenza ingiustificata. Le sue vittorie appaiono così ambivalenti: mentre si erge a salvatore, diviene anche portatore di dolore e distruzione, non solo per i nemici ma anche per coloro che ama.

Roberto Pugina


Sono nato nel profondo sud-est del Veneto, in una città di provincia che, nel film di Francesco Sossai (Le città di pianura), viene menzionata ma, come afferma beffardamente Doriano, coprotagonista del film, in realtà “non esiste”.
Ora sono in pensione.
Roberto
Eracle, noto anche come Ercole nella versione romana, è una figura complessa della mitologia greca, tradizionalmente associata all’idea di forza e di eroismo
Tuttavia, la sua rappresentazione va ben oltre la semplice immagine dell’“eroe nazionale greco”. Egli è un personaggio poliedrico che incarna l’eccesso in molteplici aspetti della propria esistenza: dalla voracità al combattimento, dall’amore alle relazioni con il divino e con l’umano.
Nel contesto del pensiero di Marcel Mauss (1872–1950), il “donare” assume un’accezione complessa e multilivello. Nel Saggio sul dono, Mauss esplora le relazioni sociali che si articolano attorno all’atto del dono. Per Mauss, il “dono” non è un gesto disinteressato, ma un atto che genera vincoli, obbligazioni e circolazione di potere. In questo senso, Eracle può essere letto come il dono stesso: le sue imprese non sono soltanto eroiche, ma costituiscono un’offerta di sé al mondo, un sacrificio che rinnova il legame, nel mito romano più che in quello greco, tra l’individuo e la collettività.
Nella tradizione greca, Eracle resta una figura isolata e ambigua: un eroe che affronta il disordine ma ne è, al tempo stesso, parte. Il suo eccesso è solitario, la sua forza una forma di dispendio che consuma l’umanità stessa
Nell’elaborazione romana, invece, Ercole si trasforma in simbolo di virtus civica: il suo sacrificio diventa fondativo dell’ordine collettivo, e il dono si traduce in servizio, misura e potere regolato.
Sempre nell’ambito della sua analisi, Mauss introduce il concetto di potlatch: una pratica sociale tipica delle popolazioni indigene del Pacifico nord-occidentale, che implica una forma di distribuzione dei beni attraverso rituali di scambio. Il dono diventa così un mezzo per affermare la propria posizione sociale, ottenere prestigio e, al contempo, creare legami comunitari. Tuttavia, le dinamiche del potlatch non si riducono a un semplice scambio: esse comportano anche il peso del dispendio. Il potlatch rappresenta infatti non solo un dono, ma anche uno spreco, poiché una quantità eccessiva di beni viene distrutta per riaffermare lo status e il potere di chi dona.
La figura di Eracle incarna questo paradosso: le sue vittorie e il suo eroismo si misurano attraverso l’eccesso di sacrifici e perdite che infligge a sé stesso e agli altri
Egli non solo affronta battaglie titaniche, ma paga un prezzo altissimo: la sua umanità, che si consuma nell’ardore dell’eroismo. Nella sua continua ricerca di gloria e approvazione, Eracle rappresenta la tensione irrisolta tra individuo e collettività. Le sue avventure amorose, i suoi eccessi gastronomici, gli omicidi involontari di amici e familiari riflettono un ethos fatto di potere e fragilità. Egli eccede non solo per affermare il proprio valore, ma anche per cercare connessioni umane che, paradossalmente, si rivelano effimere. Questo invito al potlatch, oscurato dall’ombra dell’inevitabile dispendio di sé, dissolve la linea di confine tra eroismo e tragedia.
Ogni volta che sconfigge un mostro – come il Leone Nemeo o l’Idra di Lerna – Eracle non solo libera la società da una minaccia, ma compie anche un atto di dispendio. Non c’è soltanto la forza bruta in gioco, ma anche un sacrificio personale: ogni vittoria comporta la perdita di amici, di relazioni e di una parte della sua umanità. Nella sua epopea, l’eroe diventa il simbolo della tensione tra dono e debito: ogni impulso eroico che lo spinge verso l’eccellenza lo allontana dalle proprie radici umane, rendendolo una figura tragica. Così, l’eroismo si trasforma in un fardello; Eracle è costretto a restituire costantemente alla collettività in cambio del proprio status, generando un ciclo apparentemente senza fine.
Il sesso, il cibo e la violenza sono manifestazioni di questo dispendio. Le sue avventure amorose – con donne e uomini – rivelano un’ulteriore dimensione del suo carattere: la ricerca di connessioni autentiche che sfuggono alla misura. Gli incontri con figure come Deianira e Megara non sono mai privi di conseguenze. La sua voracità, tanto nel cibo quanto nel piacere, appare come una forma di ribellione all’ordine, un tentativo di consumare il presente nella sua totalità. In questo senso, il pensiero di Bataille sull’eccesso diventa cruciale.
Bataille descrive l’eccesso come un momento in cui l’individuo oltrepassa i confini imposti dalla società, riconoscendo in tale atto una forma di sacralità
Eracle, in questo senso, è l’eroe che vive ai limiti: la sua vita non è una semplice corsa verso la gloria, ma un’esplorazione di ciò che significa essere umano, con tutti i propri limiti e le proprie contraddizioni. Laddove Mauss evidenzia l’economia delle relazioni, Georges Bataille (1897–1962) esalta la dimensione dell’ineffabile e dell’illecito. Eracle, attraverso le sue scelte e i suoi eccessi, si muove in questo territorio liminale e inafferrabile.
Questa esistenza segnata dall’eccesso e dal dispendio si traduce in una modalità di vita che, pur essendo gloriosa, è profondamente tragica. La sua ricerca incessante di nuove imprese lo rende vulnerabile, e il suo destino è segnato dal conflitto tra l’eroe e l’uomo. La sua forza, invece di garantirgli l’immortalità, lo condanna spesso a una serie di sofferenze e di colpe, fino a spingerlo a compiere atti di violenza ingiustificata. Le sue vittorie appaiono così ambivalenti: mentre si erge a salvatore, diviene anche portatore di dolore e distruzione, non solo per i nemici ma anche per coloro che ama.