I passi sparsi e le sfere
Ecco le fatiche di un uomo figlio di un Dio, destinato all’oblio, destinato a perdere il suo nome, anche se lui già si immaginava fama e gloria, e il culto futuro dedicato alla sua forza, ma era troppo pigro per fare altri passi. Ne bastava uno. Sulla riva del fiume, si tolse i sandali e si fermò ancora, con decisa e risolutiva posa plastica. Dopo un cammino lungo e dispendioso, in cui l’incedere è stato claudicante e i passi sono stati sparsi, affaticati, pesanti. Sarà stato per il peso della clava appoggiata sulle spalle che si faceva sentire con l’età avanzata. Abbandona sulla riva del fiume anche la pelle di Nemeo che lo veste, il nostro supereroe tragico è stanco e nudo. Il racconto mitico ci dice che è proprio in quel momento che comincia ad appallottolare delle calze nere, quelle che indossava di notte, senza troppo pensarci, con dei gesti quasi automatici, componendo una pseudo sfera. Sembra un gioco rilassante, un gesto lento e reiterato, inutile, distaccato, ma in quel momento Ercole da forma ad una sfera irregolare e crea un’opera d’arte, anche se ancora non lo sapeva cosa era un’opera d’arte (Teseo, presente, si domandò dove era finita la sua forza bruta e cosa diavolo fosse quella sfera che Ercole si passava di mano in mano).
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