La ricerca di Gloria Tamborini (Varese, 1997) nasce dall’ascolto, inteso non solo come atto percettivo, ma come pratica e postura
Ascoltare significa accordarsi a una temporalità altra, lasciarsi attraversare dai ritmi lenti della materia.
Nei suoi lavori, la materia — naturale o di recupero — non è mai semplice strumento formale, ma interlocutore vivo. Frequentarne le superfici, i mutamenti e le resistenze è un modo per conoscerla: è il tempo trascorso insieme a generare la forma, in un processo di cura e prossimità.
In questo dialogo silenzioso, la trasformazione diventa linguaggio, e l’opera si apre come spazio d’incontro tra memoria e divenire, tra visibile e invisibile.
Decide di condividere la fatica con Francesca Maroni; in comune hanno il desiderio di restituire frammenti poetici tratti da una quotidianità spesso distratta, poco attenta a ciò che non è immediatamente visibile.
“Come può declinarsi un lavoro sulla fatica per dare voce all’invisibile?”
Da questa domanda nasce il desiderio di condividere la fatica.
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