Nella quinta fatica, Ercole devia il corso dei fiumi Alfeo e Peneo per ripulire, in un solo giorno, le stalle del re Augia.
Il mio intervento nasce da quell’immagine di forza e trasformazione: due fiumi di lacrime, uno per occhio, tracciano sul volto della statua il percorso reale dei due fiumi greci.
Ercole piange, perché anche gli eroi piangono. Le sue lacrime non sono debolezza, ma inizio di cura: gesto minimo che rivela la possibilità di una pulizia interiore, di una riparazione silenziosa.
In questo atto, la fragilità diventa forza, e la forza si fa fragile. È un passaggio, non una conclusione: lascio che il corso resti aperto, come un fiume che continua a scorrere.
Diana Dorizzi
Diana Dorizzi agisce nello spazio come in un luogo da abitare con lo sguardo. La sua ricerca si muove tra percezione e presenza, tra soggetto e oggetto, tra il vedere e l’essere visti. Finestre, stanze, sguardi diventano strumenti di misura: superfici di passaggio dove la visione si tende, si interroga, si trasforma in esperienza.
La sua pratica è fatta di precisione e ascolto. Ogni intervento si costruisce su minimi spostamenti, su dettagli che aprono varchi inattesi. È un lavoro che procede per sottrazione, lasciando emergere ciò che normalmente scorre inosservato: il tempo che si deposita sulla luce, la distanza che si dilata nell’orizzonte, l’aria che attraversa lo spazio, l’interno che si apre al mondo.
Agendo sul volto della scultura, l’artista attiva un nuovo sguardo: non interpreta, ma rivela. La superficie del legno diventa pelle viva, campo di relazione tra passato e presente. Con la sua consueta sensibilità verso la percezione e lo spazio, Dorizzi trasforma la materia in luogo d’incontro: Ercolenon è più solo oggetto osservato, ma presenza che guarda e restituisce. Un atto minimo, quasi invisibile, che rende visibile la continuità tra la cura del restauro e la cura dello sguardo.
Nella quinta fatica, Ercole devia il corso dei fiumi Alfeo e Peneo per ripulire, in un solo giorno, le stalle del re Augia.
Il mio intervento nasce da quell’immagine di forza e trasformazione: due fiumi di lacrime, uno per occhio, tracciano sul volto della statua il percorso reale dei due fiumi greci.
Ercole piange, perché anche gli eroi piangono. Le sue lacrime non sono debolezza, ma inizio di cura: gesto minimo che rivela la possibilità di una pulizia interiore, di una riparazione silenziosa.
In questo atto, la fragilità diventa forza, e la forza si fa fragile. È un passaggio, non una conclusione: lascio che il corso resti aperto, come un fiume che continua a scorrere.
Diana Dorizzi
Diana Dorizzi agisce nello spazio come in un luogo da abitare con lo sguardo. La sua ricerca si muove tra percezione e presenza, tra soggetto e oggetto, tra il vedere e l’essere visti. Finestre, stanze, sguardi diventano strumenti di misura: superfici di passaggio dove la visione si tende, si interroga, si trasforma in esperienza.
La sua pratica è fatta di precisione e ascolto. Ogni intervento si costruisce su minimi spostamenti, su dettagli che aprono varchi inattesi. È un lavoro che procede per sottrazione, lasciando emergere ciò che normalmente scorre inosservato: il tempo che si deposita sulla luce, la distanza che si dilata nell’orizzonte, l’aria che attraversa lo spazio, l’interno che si apre al mondo.
Agendo sul volto della scultura, l’artista attiva un nuovo sguardo: non interpreta, ma rivela. La superficie del legno diventa pelle viva, campo di relazione tra passato e presente. Con la sua consueta sensibilità verso la percezione e lo spazio, Dorizzi trasforma la materia in luogo d’incontro: Ercolenon è più solo oggetto osservato, ma presenza che guarda e restituisce. Un atto minimo, quasi invisibile, che rende visibile la continuità tra la cura del restauro e la cura dello sguardo.
Le lacrime di Ercole
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