Ercole, due metri e dieci di legno scolpito, è un corpo che resiste. Da quasi tre secoli, il suo silenzio pesa sulle sponde del Verbano: non monumento, ma relitto vitale, sopravvissuto al tempo più che accolto dalla storia.
Oggi, non lo si celebra: lo si chiama in causa. Non più icona, ma interlocutore. Ercole diventa compagno di viaggio in un processo di riattivazione che non è restauro, ma esperienza. La fatica, il suo mito e la sua materia, diventa energia in transito, campo di azione, terreno di scambio.
Gli artisti non illustrano, spostano. Non decorano, ma producono attrito. Attorno al corpo ligneo si organizza un laboratorio di gesti e pensieri, dove ogni intervento misura la distanza tra ciò che resta e ciò che resiste.
Ne nasce una comunità provvisoria, fatta di tentativi e scarti, che trasforma la cura in conoscenza e il fare in relazione. Ercole non è più immagine, ma soglia: un punto di passaggio tra passato e presente, tra mano e materia, tra fatica e forma.

The community[14]

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